“On Tour” è la nuova rubrica di eBike.it che porta i suoi lettori alla scoperta delle bellezze del nostro Paese attraverso l’esperienza diretta dei propri collaboratori. Paesaggi mozzafiato, arte, cultura, sapori. Tutto ciò che si può scoprire pedalando in sella ad una eBike. Questa prima puntata è dedicata alla Valbelluna. Tre giorni di pedalate tra le Prealpi e le Dolomiti, da Feltre a Belluno fino alla cima del Nevegal passando per antichi borghi, castelli, laghi e birrerie. Allacciate il casco, riempite d’acqua la borraccia, controllate che la batteria della vostra eBike sia pienamente carica. Fatto tutto? Benissimo, partiamo!
Feltre, una città da scoprire
Il viaggio di eBike.it nella Valbelluna inizia da Feltre, città da scoprire come recita il cartello che si incontra appena si entra in città. E in effetti l’antica Feltria nonostante le sue dimensioni contenute è ricca di arte e storia. Da sempre terra di confine e luogo d’incontro di culture, nel 1404 Feltre “si vende” alla potentissima e opulenta Repubblica di Venezia sotto la cui dominazione resterà per quasi 400 anni. Dopo la caduta della Serenissima, la città veneta ha visto il passaggio in città di francesi e austriaci fino a diventare italiana nel 1866, 5 anni dopo l’Unità. Dopo la disfatta di Caporetto durante la Prima Guerra Mondiale, il centro cittadino venne eletto da Carlo I d’Austria proprio quartiere generale per la sua posizione strategica. Una targa in Piazza Maggiore porta ancora il nome dell’ultimo sovrano asburgico che ribattezzo l’antica sede dei fori romani “KarlsPlatz”.

Prima di montare in sella alla vostra eBike, andate alla scoperta del centro cittadino e dei suoi musei. Nel maggio scorso, il Comune di Feltre ha introdotto la ToTem Card che con un unico biglietto permette di avere accesso a tanti siti cittadini di valore artistico e storico. È una sorta di abbonamento per visitare la città, ogni volta che si giunge in un museo viene spuntata la casella corrispondente. I più famelici d’arte e musei potrebbero fare a gara a chi completa la card per primo. Tra le mete suggerite c’è sicuramente il Museo Rizzarda con la sua galleria d’arte moderna voluta dal celebro fabbro e artigiano feltrino Carlo Rizzarda, morto senza eredi che donò tutta la sua collezione alla città. Agli oltre 400 manufatti in ferro battuto realizzate da Rizzarda si affiancano gli oggetti di arte decorativa e le opere d’arte acquistate da lui stesso per arredare la propria casa milanese. All’ultimo piano del museo, trova spazio la nuova esposizione dedicata ai maestri del vetro muranesi con oltre 880 vetri d’autore.

Altra tappa di Feltre è il Museo Diocesiano. Ristrutturato nel 2018, ospita opere e manufatti provenienti dalla Diocesi di Belluno-Feltre. Spendete qualche minuto davanti alla teca che racchiude una croce d’altare post-bizantina in legno intagliato con 485 minuscole figure scolpite all’interno. Il tutto in 44 cm di altezza Particolarità? è una delle pochissime “complete” cioè dove sono presenti le tre parti che la compongono. Se non siete ancora appagati, la teca accanto racchiude il Calice in argento del Diacono Orso ossia il più antico calice eucaristico d’occidente. Fu ritrovato da un pastore in una grotta e per anni servì a contenere i gomitoli di lana di sua moglie finché un parroco lo riconobbe per il suo valore e lo donò alla Diocesi di Feltre.
Da vedere prima o dopo la pedalata:
- Torre dell’Orologio del Castello
- Torre del Campanon
- Museo civico
- Antiche prigioni di Palazzo Petrorio
- Teatro de la Sena (visitabile dall’estate)
- Scalette vecchie
- Sotterranei di Feltre
Verso il Santuario di Vittore e Corona
Si parte! Il percorso si snoda per circa 70 km con un dislivello complessivo di 1050 metri. La prima tappa dopo la partenza da Feltre è il Santuario di Vittore e Corona fondato nel 1096 dal condottiero feltrino Giovanni da Vidor. Basta pedalare appena 5 km, l’ultimo dei quali in salita asfaltata, per raggiungere questo balcone sulla città che sorge su uno sperone del Monte Miesna. All’interno, Don Sergio è pronto ad illustrarci la storia del luogo. Ivi è sepolto il corpo di San Vittore, esclusa la sua testa. Quella si trova a Praga, nella Cattedrale di San Vito. Un affresco vicino all’abside assomiglia a quello realizzato da Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova. Forse un’imitazione o piuttosto l’opera di un allievo del Maestro. Si respira aria di quiete, un toccasana per gli occhi e l’anima.
Dopo questo attimo di pace, il giro in eBike prosegue attraverso i borghi più caratteristici del territorio feltrino. Si passa da Arzù, Tomo e Seren del Grappa dove, secondo diceria locale, non si conosce maltempo. La giornata è calda e il sole rimbalza sulle facciate bianche delle chiesette facendole splendere. Alcuni tratti di sterrato poco impegnativi che entrano nel bosco permettono di pedalare all’ombra immersi della natura. Ad ogni uscita dalla verzura, un nuovo agglomerato di case è pronto ad accoglierci. Uno in particolare, Grum, rapisce l’attenzione per l’amenità del luogo. Non c’è un metro d’asfalto, alle case si accede attraverso prati o tratti di acciottolato. La somiglianza è con uno di quei villaggi che si trovano nelle fiabe, dove il tempo sembra essersi cristallizzato ad un’epoca più semplice. Potrebbe essere questo il segreto dei posti che stiamo attraversando. La vita sembra scorrere più lenta, distesa. L’aria pulita e il verde sembrano spazzare via anche i problemi del quotidiano. Pedalando, la testa si libera e gli occhi fotografano scorci di quiete.

Una pausa pranzo a km 0
Dopo 38 km e 780 metri di dislivello su e giù per il territorio feltrino è giunta l’ora di una sosta per gustare le prelibatezze del luogo. L’Agriturismo Cascina Dolomiti di Cesiomaggiore è quello che fa al caso nostro (e vostro, garantito). L’azienda è disposta su un’ampia tenuta di pascoli, prati e boschi incorniciata dalle montagne bellunesi. Qui si allevano allo stato semi-brado bovini di razza Chianina, cavalli, capre, suini e animali da cortile. Nella fattoria si svolgono anche attività didattiche per i bambini che voglio entrare a contatto con la natura.

La tavola imbandita all’esterno, all’ombra sotto gli alberi nel cortile, offre una selezione di salumi e formaggi di produzione propria. Non può mancare il pastin, piatto tipico della zona bellunese a base di macinato di carne di maiale e manzo. L’aspetto è simile a quello di una salsiccia, ma il gusto è molto più speziato. Un grosso barbecue in pietra con una catasta di legna accanto suggerisce che le carni alla griglia sono un’altra specialità del posto. Le verdure, fresche e croccanti, portano il sapore inconfondibile dell’orto curato in prima persona. Tutto è a km 0, dal formaggio agordino di malga al carpaccio di chianina con scaglie di piave. La brezza del primo pomeriggio muove l’erba del campo adiacente alla fattoria facendolo sembrare un mare increspato. Serve tanta forza di volontà (e un doppio caffè) per rimettersi in sella all’eBike e proseguire il viaggio.
Cesiomaggiore, il paese delle biciclette
Pochi km in salita per smaltire il pranzo e arriviamo a Cesiomaggiore, il paese del ciclismo. Ogni via cittadina ha una doppia denominazione: quella ufficiale e quella ufficiosa dedicata ad un ciclista del passato. E così, troviamo Via Roma che in realtà è anche Contrada Girardengo oppure arrivare in Piazza Commercio o Contrada Fausto Coppi. Tony Bevilacqua, due volte campione del mondo su pista nel 1950 e 1951, oltre ad una via ha anche un museo intitolato. Si tratta del Museo della Bicicletta inaugurato nel 1997 da Sergio Sanvido, pluripremiato artigiano di bici della zona che volle dedicarlo ad un campione semi dimenticato come Bevilacqua.

All’interno del museo è possibile trovare ogni sorta di mezzo su due ruote catalogabile come bicicletta (niente eBike però). Ci sono i primi bicicli con le loro ruote anteriori gigantesche, le prime bici da corsa sia su pista che su strada e poi alcune biciclette appartenenti ai campioni del passato (Coppi, Bartali, Moser, Gerbi, Petacchi). In alto, con una parete tutta sua, c’è la Wilier con cui Marco Pantani vinse in cima all’Alpe d’Huez al Tour de France del 1997. Si trovano biciclette da bambino a forma di cavallo e mezzi da lavoro su due ruote. Le più curiose sono una bici da pompiere con tanto di pompa arrotolata per spegnere gli incendi, una utilizzata da un arrotino e una per la tostatura del caffè. Il museo Bevilacqua merita certamente una visita. Attenzione però, è aperto solo il sabato e la domenica.

Dalle rose di Serravella al luppolo di Pedavena
Da Cesiomaggiore inizia il ritorno verso Feltre. Prima di rientrare in albergo però, sono necessarie altre due tappe. La prima soddisfa l’olfatto, la seconda invece il gusto. Intorno al Museo Etnografico di Serravella è presente un’area di oltre 4 ettari di terreno. L’elemento più suggestivo è un giardino pensile dove sono raccolte 300 varietà di rose antiche, raccolte a partire dal 1997 nel territorio della provincia di Belluno. È un trionfo olfattivo oltre che policromatico. L’originalità di questo giardino risiede nel fatto che nessun rosaio è stato comprato. Alcuni erano già presenti nella villa divenuta poi museo, altri invece provengono da diverse località del Bellunese o sono legati a vicende di emigrazione. La rosa Jacques Cartier ad esempio, è stata recuperata nell’orto di una balia di Porcen, frazione di Seren del Grappa, che l’aveva prelevata a Varese nella villa dei signori presso cui lavorava.

L’ultima sosta di giornata giunge puntuale all’ora dell’aperitivo. Per dissetarsi “in questo giorno appiccicoso di caucciù” come cantava Paolo Conte non c’è cosa che fa più gola di una bella birra appena spillata. Il luogo ideale è la Pedavena, la birreria più grande in Italia ad una manciata di km da Feltre. La qualità delle acque del luogo, uno degli ingredienti principali della birra Pedavena, spinsero i fratelli Luciani a costruire qui il proprio birrificio a fine ottocento. A metà degli anni 70 del secolo scorso, il birrificio passò sotto la proprietà della Heineken e questo fatto sviluppo curiosamente il turismo olandese nella zona. Tornato italiano nel 2006 grazie all’acquisizione da parte di Birra Castello, il birrificio Pedavena conserva ancora lo sfarzo del secondo dopoguerra voluto dai fratelli Luciani con le cisterne per la fermentazione in rame e i soffitti smaltati. Chi si aspetta un luogo industriale e asettico resta deluso al primo sguardo. Ancora prima del gusto, il quinto senso stuzzicato dalla Birreria Pedavena è la vista.

Tra la vastissima varietà di birre alla spina offerte dalla Pedavena, è doveroso provare la Birra del Centenario. Soprattutto dopo una lunga pedalata in bici. Questa particolare birra è prodotta in esclusiva per la Birreria Pedavena ed è stata creata nel 1997 dai mastri birrai in occasione del centenario dello stabilimento fondato dai fratelli Luciani. Si tratta di una birra non filtrata e non pastorizzata con malti, luppoli e lieviti selezionati, il tutto realizzato con tecniche quasi artigianali e con una tradizionale lunga stagionatura. Il ritorno in hotel è invece piuttosto breve. Il primo giorno in Valbelluna va in archivio senza che la stanchezza si faccia sentire più di tanto. Merito dell’eBike ma anche della bellezza dei luoghi e delle prelibatezze del territorio che allontanano la fatica. E domani si riparte. Destinazione: Belluno.